Wednesday, September 15, 2010

La singolarità dei numeri primi: arte e matematica

317 è un numero primo, non perché lo pensiamo noi, o perché la nostra mente è conformata in un modo piuttosto che in un altro, ma perché è così, perché la realtà matematica è fatta così.
Godfrey Harold Hardy (matematico)


Ho in mente un bel progetto didattico che coinvolge più materie basato sul romanzo La solitudine dei numeri primi di Pietro Giordano. Penso che il progetto si possa proporre in una terza o seconda di un istituto Magistrale o con modifiche anche ad altri istituti.


Ho letto questo romanzo quest'estate con un po' di pregiudizi riguardo al grande successo di pubblico....ma devo dire che mi è piaciuto veramente. Giordano parla di un problema, quello della diversità e dell'emarginazione, che purtroppo riguarda molti adolescenti e lo fa con un linguaggio semplice ma coinvolgente. Credo che possa essere una lettura molto stimolante a scuola perchè parla ai ragazzi di ragazzi, con una profondità che lo differenzia da una lettura giovanistica o generazionale.

Il progetto riguarderebbe italiano, con la lettura e il commento di vari passi del libro, sociologia, con lo studio di qualche saggio sul disagio giovanile e matematica con qualche lezione approfondita sulla particolarità dei numeri primi.

Il tutto si potrebbe concludere con la visione del film ( non l'ho ancora visto!!). Credo, però, che sia un esercizio sempre utile per gli studenti perchè, anche se il film non è di buona qualità, imparano così a vedere le differenze e si avvicinano a due mezzi espressivi ed artistici differenti, il cinema e la letteratura.


L'unità didattica, con un progetto ancora più ambizioso, potrebbe aprire problemi più ampi: che differenza c'è tra letteratura e matematica? In passato conoscenza umanistica e scientifica correvano a pari passo, come per Leonardo da Vinci: perchè oggi non è più così? Siamo sicuri che la matematica indaghi il dato reale e il razionale mentre la letteratura l'irrealtà e l'invenzione. A volte non è il contrario? Quando questi opposti si toccano?


Questo potrebbe essere l'incipit della lezione:
"I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perchè fra loro vi è sempre un numero pari che impedisce di toccarsi davvero (...)Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero."
P. Giordano, La solitudine dei numeri primi

Tuesday, August 17, 2010

Le chizze ebraiche


Da piccola ho sempre amato le chizze. La chizza è una tipica pietanza reggiana fatta di pasta sfoglia ripiena di formaggio e fritta.

Solo da grande ho saputo che questo piatto è di origine ebraica, ed è entrato nella tradizione culinaria locale grazie alla presenza, nei secoli passati, di una nutrita comunità ebraica.

Quante delle tradizioni che reputiamo nostre vengono da altre culture?
Ritengo che questo sia un tema importantissimo da trattare a scuola, che aiuta anche a valutare meglio il presente.



E allora perchè non iniziare dalla chizza per passare a scoprire i tanti luoghi legati alla comunità ebraica a Reggio. Una visita alle antiche vie del nucleo originario di insediamento (via Secchi). Poi al ghetto nella zona di Via dell'Aquila, chiamata così proprio per le aquile estensi poste sopra ai cancelli che aimè chiudevano il ghetto alla sera. La ritrovata e stupenda sinagoga, e il cimitero suburbano.
Per comprendere come questi luoghi venivano fruiti sarebbe utile far intraprendere ai ragazzi un'interessante ricerca attraverso il magnifico patrimonio fotografico della locale Biblioteca Panizzi, che ci riporta una Reggio inedita e poco nota.



Un viaggio nel passato, nel presente e nel futuro, che tocca tante discipline per comprendere come la nostra identità non sia unica e immutabile, ma frutto di continui cambiamenti e influenze di altre culture.

Saturday, August 14, 2010

Simonetta Vespucci: l'incantatrice di Firenze?


Ell'era assisa sovra la verdura,
allegra, e ghirlandetta avea contesta
di quanti fior creassi mai natura,
de' quai tutta dipinta era sua vesta.
(Poliziano, Canti per la Giostra di Giuliano de' Medici, 1475)



Quando si affronta il rinascimento a scuola si parla naturalmente di Firenze medicea, di Lorenzo il Magnifico, di Angelo Poliziano, ma anche di Giuliano de' Medici e della sua prematura morte (a soli 25 anni) durante la congiura dei Pazzi.



Ma per solleticare la curiosità degli studenti come non parlare della donna più amata e desiderata del Rinascimento: Simonetta Vespucci. Ritratta continuamente da Botticelli e inserita nelle sue opere più famose (come La nascita di Venere qui sopra), ed esaltata da numerosi componimenti poetici di Poliziano e Lorenzo il Magnifico, era la sposa di Marco Vespucci lontano parente di Amerigo Vespucci (primo scopritore dell'America).

Era considerata la donna più bella di Toscana e su di lei fiorono numerose leggende e dicerire. Quasi certo che fu l'amante di Giuliano de Medici, che nacque in Liguria a Portovenere, e forse la località prese il nome proprio da lei, la Venere Moderna.
Si diceva addirittura che la sua bellezza compiesse miracoli e guarigioni inattese.
Al mito del "La sans pareille" (come i contemporanei chiamavano Simonetta) contribuì sicuramente la sua morte prematura. Simonetta morì a 22 anni di tisi.

Si narra che Giuliano fece di tutto per salvarla dalla malattia, e addirittura la leggenda vuole che tentò di farla diventare un vampiro per darle vita eterna. Questa intrigante versione è ripresa anche Salman Rushdie nello stupendo libro L'incantatrice di Firenze , ed alcuni brani possono essere proposti anche in classe.

Guiliano morì due anni dopo, e Botticelli non si stancò mai di ritrarla anche dopo la sua morte (qui sotto l'inquietante ritratto postumo, forse fatto con la maschera mortuaria come modello). L'artista per onorarla espresse la volontà di essere sepolto ai suoi piedi dopo la sua morte.


Sicuramente la morte di Simonetta fu considerata da tutta Firenze come un triste presagio, l'inizio di una lenta decadenza che avrebbe avuto fine solo quando una nuova Simonetta fosse nata nella città.

Forse Firenze la sta ancora aspettando.....

Monday, August 09, 2010

Femmina accabadora


Tempo di vacanze e di mare...e non più di scuola.
Ma io ne approfitto per leggere, leggere e cercare qualche idea.

Tra i libri letti sono rimasta particolarmente coplita da "L'accabadora" di Michela Murgia. Un libro dal sapore di Sardegna, che in punta di piedi fa entrare il lettore nella vita dell'isola, nelle sue usanze e nelle sue tradzioni.

L'accabadora era nella Sardegna antica colei che dà la morte, cioè una donna incaricata di praticare l'eutanasia su anziani o infermi. E il libro narra la vita di una di queste supertiti del secolo scorso, toccando un tema attualissimo, che peraltro si presta anche all'uso scolastico (abbinato alla lettura di articoli di giornale).

In realtà il libro illustra anche molto altro: l'essenza di un'isola mai veramente cristianizzata che conserva le sue usanze pagane, risalenti all'antichità.

Così scopriamo i dolci tradizionali, i preparativi per i matrimonio, l'usanza del fillus de anima e tanto alto ancora.

Friday, July 09, 2010

Petrarca e lo schermo (dell' iPod)


Ho fatto un esperimento che farà storcere il naso ai filologi ma ha dato buoni "frutti didattici".

Non sapevo come motivare i miei studenti allo studio di Petrarca, un autore che sembra così lontano da loro.

Li ho così convinti a sperimentare a gruppo una riscrittura di qualche sonetto in chiave moderna. Gli unici vincoli erano quelli di mantenere le due quartine e le due terzine, possibilmente rimate, e i nuclei tematici inalterati.

Dopo un'iniziale diffidenza (c'è sempre...della serie "Lei Prof. è pazza!) i ragazzi hanno colto il senso dell'operazione e si sono divertiti utilizzando ironia e creatività.

Il sonetto "Solo et pensoso", in cui Petrarca si rifugia in luoghi naturali per pensare alle sofferenze d'amore e nascondersi dalla vista di altri uomini, è diventato una poesia che descrive la solitudine ricercata in luoghi impersonali come i centri commerciali, lo shopping e la tecnologia come sfogo ("altro schermo non trovo se non quello dell' iPod").

Mentre l'arcinoto sonetto 90 che ricorda la sfolgorante bellezza di Laura e la sua trasformazione, è diventato un sonetto in cui l'innamorato è sconcertato dalle improbabili trasformazioni della donna amata, forse dovute alla chirurgia estetica.

L'esercizio li ha costretti a leggere e comprendere i sonetti orgiginali, entrare nel meccanismo della poesia ( aprire il gioco e osservare gli ingranaggi) e usare la lingua per ottenere risultati espressivi convincenti.

Tuesday, July 06, 2010

Chi mente di più?


La cosa che non è sempre chiara ai ragazzi è che la letteratura (e ogni altra arte, ...e qui si dovrebbe aprire un altro post) non è mai la realtà, è sempre rappresentazione, finzione, artificio.

Alla domanda chi è più artificioso : Manzoni o Verga? D'Annunzio o Saba?
La risposta di solito è Verga, con la rappresentazione fedele della realtà rurale, e Saba con il lessico colloquiale e semplice.

Io per spiazzarli faccio questa domanda.
Io mento di più se dico di avere trovato per strada una banconota da 50 euro o una somma ingente di denaro?
Io mento di più se dico di avere trovato i 50 euro, perchè la mia è una bugia più plausibile, è una bugia che inganna maggiormente l'interlocutore.

Questo avviene anche in letteratura Saba e Verga, non ci mentono meno di Manzoni e D'Annunzio. Anzi, dietro alle loro "bugie letterarie" c'è un lavoro maggiore, uno studio maggiore per arrivare o ad eclissarsi o ad una semplicità densa di significato.

Monday, July 05, 2010

Montale e le scale





Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
Le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Struggente questa poesia di Montale contenuta in Satura (il titolo deriva da satira, il nome dei genere che a sua volta deriva da satura lanx, un piatto ricco di pietanze diverse).
La poesia è dedicata alla moglie. Ma cosa sono queste scale: le avversità della vita, i piccoli ostacoli, le difficoltà. Certo il valore simbolico delle scale è chiaro, ma per fare capire il valore del correlativo oggettivo ai ragazzi occorre chiarire che le scale sono una prassi nella vita dei liguri.

Solo chi è stato in Liguria, nelle Cinque Terre può capire che le scale sono una realtà quotidiana, sono sì le grandi sfide della vita ma anche i gesti reali di una giornata. Questi territori arroccati vicino alle catene montuose sono stati strappati alla asprezza della montagna attraverso i terrazzamenti, e quindi da qui le scale e le salite.

Come il rovente muro d'orto anche le scale erano una consuetudine nella vita di Montale.

Ed è facile ora, per me e per i ragazzi, immaginare due anziani coniugi che si sorreggono l'un l'altro in un piccolo paesino ligure.

Wednesday, May 19, 2010

Definizione di fascismo


Emarginazione, donne mussulmane, bambini, lavoro dato alle donne, conoscenza della geologia.

Interessante.